Grazie a Facebook, alle sue app sugli smartphone e alla dipendenza che è capace di provocare, il nostro cervello sta cambiando radicalmente le proprie connessioni neuronali.
La notizia brutta? E’ che questi cambiamenti ci fanno tornare indietro, fino a diventare bambini.
Nel senso cattivo, non nel senso buono.
Questa è la conclusione della scienziata, Susan Greenfield, docente di Neuroscienze dell’Università di Oxford, riportata sul The Telegraph.
La Premessa
Prima di sintetizzare il suo pensiero è bene ricordare un particolare molto importante che la scienza sostiene riguardo il cervello. Ovvero che l’interazione tra il cervello e l’ambiente è un dialogo a due vie.
Se gli esseri umani hanno saputo adattarsi più e meglio di ogni altra specie sul pianeta è a causa delle incredibili capacità cerebrali. In estrema sintesi, è grazie al cervello che riusciamo ad adattarci all’ambiente.
Cambia il mondo esterno? Cambiano le tecnologie a disposizione? Cambia anche l’attività del cervello umano.
L’ambiente dell’uomo moderno, connesso 24 ore al giorno, è cambiato rispetto a solo 5 anni fa. Facebook occupa uno spazio rilevante nella vita quotidiana di un numero sempre crescente di persone, in particolare per i giovani, la futura classe dirigente del pianeta.
La Privacy intesa come racconto interiore
A volte i dati si commentano da soli.
Il 55 % dei giovani ha dato informazioni personali a persone che non conoscono, tramite i social network.
Non si parla di password o conti correnti. Ma di riflessioni personali, di stati d’animo, di amori, di delusioni, di lavoro, di famiglia. Tutto questo appartiene al racconto interiore di noi stessi, alla nostra vita più profonda.
Certo, è umano confidarsi, magari con una persona fidata, meglio ancora con una persona spiritualmente più evoluta. E’ altrettanto umano che i ragazzini condividano tra loro gioie e dolori della vita.
Tuttavia, quello che gli studiosi definiscono “raccconto del sè interiore” deve essere svolto da te, soltanto all’interno di te.
- Non su un social network.
- Non con centinaia di persone, molte delle quali non conosci neanche.
- Non con una costante sollecitazione esterna fatta di messaggi e di “bolle” che si aprono sullo schermo del tuo smartphone.
La conclusione della Greenfield è chiara e netta. Una mente condizionata dagli altri, che non rielabora processi emotivi delicati, rimane infantile, diventa dipendente dal giudizio altrui.
Il tuo ego diventa pubblico
Trovo interessante anche il seguente passaggio. Facendo sapere costantemente a tutti che cosa fai, quanto sei bravo, come sei bello e altre informazioni per soddisfare il tuo ego, rischi di perdere la tua individualità.
Sembra paradossale, ma il risultato è che a furia di pubblicare notizie che alimentano la tua autostima, annulli te stesso come individuo, e il tuo ego tende a non appartenerti più.
Ma non lamentarti sei tu che hai deciso di renderlo pubblico!
Non si tratta di demonizzare i social network e Facebook in particolare.
E’ un dato di fatto e oggettivo che ci sia bisogno di un’educazione all’utilizzo dei social.
Per evitare che i danni da abuso di social network diventino irreversibili.