Twitter sta scivolando sempre di più verso il basso nelle classifiche degli utenti attivi in Italia.
Quali sono i motivi di questa disaffezione nei confronti dei tweet da parte di noi italiani? L’aumento a 280 caratteri per tweet potrà risollevare le sorti di Twitter nel BelPaese?
Prima di parlare degli italiani ti racconto in breve il mio rapporto con Twitter.
Non è amore a prima vista, ne ho parlato in questo post del 2014. Ma le storie d’amore più belle e durature sono quelle che non scoccano con un colpo di fulmine (il romanticismo è influenzato dalle atmosfere di San Valentino di questi giorni).
Creo il mio account Twitter nel lontano 2007, appena laureato con una tesi sui Blog e sui Social Media. Ma a differenza dei super guru che prevedono successi o fallimenti dei vari social network prima di noi esseri mortali, riconosco di non avere colto immediatamente le potenzialità di Twitter. Da amante del blogging, la possibilità di scrivere in 140 caratteri mi sembra sin dall’inizio una costrizione, una gabbia, più che un’opportunità.
Cambia qualcosa dal 2012. Da quando ho iniziato a fare sul serio con i social media. Twitto i miei articoli di SocialDaily e di altri blogger che apprezzo. Nascono così relazioni con altri utenti, prende forma il networking di qualità che tanto auspicavo. Networking che mette il turbo in particolare durante il live tweeting degli eventi milanesi a cui partecipo, come la Social Media Week del 2013.
Twitter e cultura Zen
Mi rendo conto con il passare del tempo e dei tweet che scrivere in 140 caratteri non è una gabbia, bensì una forma di libertà. Libertà da cosa? Dall’eccesso di parole che utilizziamo.
Credo abbia a che vedere anche con il nostro approccio alla vita. Siamo circondati da tante cose, da tanti oggetti. Quanti di questi ci servono realmente?
Curioso il fatto che il mio avvicinamento verso il mondo, diciamo zen, più essenziale, abbia coinciso con un maggiore apprezzamento da parte mia di Twitter, in ambito comunicativo.
E proprio come mi è successo nella vita, togliendo molte cose superflue, ho fatto spazio a nuove opportunità più congeniali e in linea con i miei valori.
Grazie a Twitter ho riscoperto il piacere di andare dritto al sodo con il messaggio che voglio inviare, senza troppi giri di parole.
Twitter vs Blogging
La mia passione nei confronti di Twitter non ha causato una diminuzione dei miei post su SocialDaily, anzi, il mio modo di scrivere e di comunicare si è snellito molto di più anche sul blog e sugli altri social.
Non è un Paese per… Twitter
Twitter in Italia non solo è dietro ai giganti Facebook e YouTube ma anche al sorprendente Instagram. Persino il più sobrio LinkedIn l’avrebbe superato, mentre l’incompreso Google Plus lo sta tallonando.
Probabilmente vengono preferiti gli altri social perché noi italiani siamo un popolo di chiacchieroni, spesso prolissi e fantasiosi anche nel modo di esprimerci. Basta vedere i dibattiti televisivi di questi giorni dedicati alle elezioni politiche del 4 marzo: parliamo, parliamo, parliamo mentre le altre nazioni fanno i fatti. Parlare infatti non è comunicare. Solo comunicando bene si raggiungono gli obiettivi senza rimandare le decisioni.
Bisogna prendere in considerazione anche un altro aspetto. La nostra lingua, l’italiano. Non è sintetico, sia come parole, sia come sintassi. Non è un caso che la popolarità maggiore Twitter l’abbia avuta nei paesi anglosassoni, dove la lingua è infarcita di acronimi, slang, abbreviazioni e neologismi che nascono alla velocità della luce.
280 caratteri per riprendersi a Wall Street?
Perché questo cambiamento? Come saprete Twitter non naviga in buone acque dal punto di vista delle azioni a Wall Street. Non fa gli stessi numeri dei competitor, nonostante comunque una bella fetta di utenti attivi (nel mondo). Ma con Instagram in ascesa, Facebook che rafforza il suo dominio, altri social più giovanili in espansione… il futuro non sembra roseo.
E invece no. Quando ho preparato la bozza di questo post ancora non era arrivata una bella notizia per Twitter:
Certo, questi risultati sono arrivati grazie alla riduzione dei costi più che un aumento sotto il profilo del business e delle promozioni.
Ma torniamo ai nostri 280 caratteri.
Non tutti i caratteri vengono per nuocere
Quando Twitter ha introdotto l’aumento dei caratteri a disposizione mi sono comportato come i nonnetti che scuotono la testa quando vedono le ultime mode giovanili.
280 caratteri? Nooooo è la fine del mondo! Altro che il leader della Corea del Nord e i suoi missili del cavolo! Per boicottaggio, come se a Twitter importasse qualcosa del mio profilo, mi tolgo da Twitter, chiudo il mio account e mi trasferisco su SnapChat!
Eppure mi sono sempre visto come un “progressista” amante delle novità, fiero oppositore di pregiudizi stantii e dei vecchi schemi. Ho sempre accolto le novità tecnologiche, ma anche sociali e di idee, con le braccia aperte.
Con il passare del tempo ho cambiato idea, ho riscontrato che la qualità dei tweet è migliorata, senza dubbio proprio grazie all’aumento dei caratteri. Ormai ho lasciato alle spalle la nostalgia dei 140 caratteri, un pochino snob e radical tweet.
Gioisce di questo allargamento il nostro caro idioma, l’italiano. I 140 caratteri sono stati una scusa per nascondere l’ignoranza di molti utenti. Sintetizzare non significa devastare l’italiano con i perké o i xo’ (sì ho visto anche questo segno tribale al posto del “però”).
Con i tweet più lunghi assistiamo a un miglioramento dei messaggi dal punto di vista sintattico, lessicale ma anche grammaticale.
La punteggiatura torna a respirare. Vedo riprendersi il loro posto gli apostrofi, le virgole, gli accenti, addirittura anche qualche punto e virgola.
E cosa possiamo fare con questi 140 caratteri in più?
Dal punto di vista della comunicazione e del marketing, possiamo:
- Specificare meglio la call to action per invogliare a cliccare sui link
- Abbiamo più spazio per inserire mention, hashtag ed emoji (senza esagerare però, anzi, xò)
- Possiamo evitare abbreviazioni eccessive evitando di maltrattare l’italiano
Il mio auspicio è quello di tornare a rivedere questo articolo tra qualche anno e poter constatare finalmente che questo non è un Paese per Twitter.